Gazzetta del Mediterraneo

Il Novecento a Pachino nell’analisi storica di Nello Lupo

Il Novecento a Pachino nell’analisi storica di Nello Lupo
13 ottobre
14:59 2017

Abbiamo incontrato lo storico pachinese che ha di recente pubblicato il volume sul secolo scorso.

di SERGIO TACCONE. La sua opera di ricerca storica può definirsi “monumentale”, con tre volumi pubblicati che comprendono tutta l’evoluzione del Promontorio Pachino, dalla preistoria alla vittoria dell’attuale sindaco Roberto Bruno alle amministrative del 2014. Sebastiano “Nello” Lupo ha completato il suo lavoro storiografico con il terzo volume imperniato sul secolo scorso, dal titolo “Promontorium Pachyni: incontro con la Storia, volume terzo. Il Novecento” (Morrone Editore). Abbiamo incontrato l’autore prima della presentazione ufficiale del libro a Pachino. Quali sono i tratti salienti di questo terzo volume di storia locale? “Il secolo scorso a Pachino comprende fasi ben precise. – afferma Lupo – Vengono fuori 4 periodi precisi, successivi alla prima guerra mondiale: il fascismo, la ricostruzione del paese, l’egemonia della Dc e l’ascesa dei partiti laici per poi chiudere con i vent’anni ingloriosi all’insegna dell’ingovernabilità. Ogni periodo ha sue caratteristiche”.

Che volto ha avuto il fascismo a Pachino?
“Il fascismo locale è stato paternalista, in realtà qui non ci fu bisogno di arrivare alle maniere violente. La classe dirigente che ruotava attorno alla nobiltà pachinese passò presto al fascismo. Pachino nel 1924 andò a votare regolarmente, si scontrarono due soggetti dell’area costituzionalista che dopo appoggiarono il fascio. Qui il regime fu indolore, non vi furono violenze. Al fascismo locale va dato un merito: la realizzazione di quattro opere fondamentali del paese come la scuola Pellico, il serbatoio pensile con l’acquedotto civico e la fognatura nonché l’illuminazione della piazza”.

La ricostruzione diventa l’età dell’oro: perché ?
“E’ l’era dell’oro perché si ricostruisce. Il paese viene ricostruito in base ad una dialettica molto serrata tra un’amministrazione frontista, di sinistra, e la chiesa locale diretta da monsignor Spiraglia. Fatto molto positivo nella storia del paese. Ci fu la ricostruzione urbanistica e del vivere civile”.

Emerge un personaggio politico in particolare ?
“La ricostruzione politica fu ad appannaggio di Sebastiano Fortuna, politico locale di sinistra. Pachino andò in controtendenza rispetto al quadro nazionale dove il governo era espressione del centro moderata democristiano. Fu il periodo dell’oro di Pachino per diversi motivi: politico, perché in quegli anni la ricostruzione ci donò molte opere pubbliche, ci diede la maggior parte delle scuole del centro abitato. Ma soprattutto, a Fortuna si deve la soluzione dei problemi di partecipazione: integrò il popolo dal basso, dagli artigiani ai contadini, prima messi ai margini della vita sociale. Secondo problema: il mondo cattolico ebbe un ruolo attraverso le nuove parrocchie, una in periferia, a san Giuseppe, per contrastare l’azione dei valdesi, l’altra a san Corrado affidata ai canossiani. Gli effetti di quell’azione furono soprattutto sociali: la chiesa ai tempi di Fortuna ebbe effetti sociali enormi. Lo scontro tra chiesa locale e settore politico innescò una dialettica positiva che portò una nitida crescita culturale. I pachinesi divennero cittadini in grado di esprimere una partecipazione attiva. Non tralasciando il grande ruolo della banca locale e dell’agricoltura. E poi va considerato il ruolo degli emigranti con le rimesse inviate dai paesi americani che diedero una spinta allo sviluppo urbanistico”.

I primi anni 60 furono quelli della stabilità.
“Tra il 1962 e il ’64, la legge maggioritaria diede stabilità. Con il proporzionale, invece, il quadro politico mutò in peggio. A metà degli anni sessanta cominciò la fase democristiana dell’instabilità. L’egemonia della Dc, tuttavia, è stata solo di facciata a Pachino. Lo scudocrociato ha dovuto fare i conti con il Partito Repubblicano e con l’emergente Partito socialista. Le giunte comunali ebbero durate brevi. Solo un esponente politico, Nello Cimino, riuscì a restare in carica quattro anni, alla fine degli anni 70, pur dovendo fronteggiare tre crisi.

Gli anni Novanta Lei li definisce “periodo inglorioso”. Perché ?
“C’è il movimento civico Rinascita a prendere il sopravvento, incapace di esprimere una leadership e costretto pertanto a cercare i sindaci al di fuori del movimento. Con questo movimento, che fu sostenuto in modo capillare e organico dalla chiesa locale, si è arrivati all’ingovernabilità assoluta, con sindaci che pur eletti direttamente dai cittadini, entravano in crisi ad ogni piè sospinto. E in tutte queste situazioni il ruolo di Rinascita è stato fondamentale ma in modo deleterio. Questa è la fase dove il connubio tra politica e chiesa locale diventa senza freni e con esiti negativi per il paese”.

Sertac

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